A Ravenna giunge l’ordine imperiale di arrestare e giustiziare Stilicone. Stilicone cerca di rifugiarsi di notte in una chiesa, ma il giorno successivo i soldati di Onorio entrano, giurano di fronte al vescovo che Stilicone avrebbe avuta salva la vita, venendo condannato solo al carcere, portando a prova di ciò una lettera dell’Imperatore che essi mostrarono al generale; tale promessa non verra’ però mantenuta. All’uscita della Chiesa, infatti, viene letta a Stilicone una seconda lettera in cui veniva ordinata la sua esecuzione. Eracliano, comandante della guarnigione, prende in carico Stilicone ed esegue la sentenza decapitando il magister militum. Stilicone avrebbe facilmente potuto evitare l’arresto e sollevare le truppe a lui fedeli che lo accompagnavano e che aspettavano solo un cenno per intervenire, ma non lo fa per timore delle conseguenze di questa azione avrebbe avuto sul destino del traballante impero occidentale. Flavio Stilicone era di origine vandala da parte di padre, fu un patrizio e console dell’Impero romano d’Occidente e magister militum dell’esercito romano. De facto esercitò la reggenza della parte occidentale dell’impero romano dalla morte di Teodosio I, sotto l’impero del giovane figlio di Teodosio I, Onorio, senza riuscire a imporre la sua autorità anche all’Impero romano d’Oriente. Condusse numerose campagne militari contro i Barbari e combatté contro l’usurpatore Gildone in Africa. Respinse i Visigoti di Alarico e sconfisse gli Ostrogoti di Radagaiso. Tuttavia, per proteggere l’Italia lasciò le frontiere del Reno sguarnite, tanto da non riuscire ad arrestare l’invasione delle armate vandale e alane. Infine, non riuscì a reprimere l’usurpazione di Costantino III in Gallia e in Britannia. Durante la sua reggenza, Stilicone condusse una politica in continuità con quella di Teodosio I: integrazione dei Barbari nell’esercito e nella società e, nel campo religioso, promozione del cristianesimo niceno e opposizione al paganesimo e alle eresie ariane e donatiste, attirandosi così l’ostilità delle élite romane. Alla sua morte, le sue truppe passano dalla parte dei Visigoti, che entreranno in Italia per mettere a sacco Roma.