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1937

Sicilia. I ricercatori Carlo Perrier ed Emilio Segrè scoprono il tecnezio (dal greco technetos, artificiale), nei laboratori dell’Istituto di Fisica dell’Università di Palermo. Lo individuano in un campione di molibdeno inviato loro da Ernest Lawrence. Il campione, proveniente dal Lawrence Berkeley National Laboratory, era costituito da un pezzo di deflettore elettrostatico in molibdeno che era stato bombardato con nuclei di deuterio nel ciclotrone dell’Università della California di Berkeley, trasformandolo in 97Tc. Il tecnezio è stato il primo elemento prodotto artificialmente nella storia, anche se successivamente si dimostrò la sua esistenza in natura sia all’interno, sia all’esterno del sistema solare. Si tratta del primo ed unico elemento scoperto in Italia. Per molti anni era rimasta una lacuna nella tavola periodica al posto dell’elemento numero 43. Dmitrij Mendeleev predisse che l’elemento mancante avrebbe dovuto essere chimicamente simile al manganese e lo battezzò pertanto ekamanganese. Nel 1925 Walter Noddack e Ida Tacke, gli scopritori del renio annunciarono la scoperta dell’elemento 43 chiamandolo masurio (dalla Masuria, una regione della Prussia Orientale, oggi polacca), ma il loro annuncio non fu mai confermato ed oggi comunemente ritenuto erroneo, benché alcuni ricercatori abbiano contestato questa conclusione. Nel 1952 il tecnezio verra’ identificato dall’astronomo statunitense Paul Merrill nello spettro di emissione di alcune stelle giganti rosse, fortificando la teoria che tali stelle producano elementi pesanti. Ne sono stati anche rinvenuti modesti quantitativi nelle miniere di uranio, soprattutto in quelle dove sono avvenuti fenomeni di fissione nucleare naturale, come nel reattore nucleare naturale di Oklo.